Arrivo a Riace.
Ho una meta la mattina del 19 aprile 2005: Riace.
Non avevo mai visitato questo paese della Locride, ai più famoso per il ritrovamento dei Bronzi dell’antica Grecia nei suoi fondali prossimi alla riva di una spiaggia che in realtà nei millenni tante civiltà avevano vissuto.
Quel mare lo conoscevo bene, dicono in tanti e posso confermare che lo jonio è più salato del tirreno, con acqua cristallina e lunghi tratti di natura incontaminata. Lo Jonio ha anche un fascino per chi lo incrocia, che convive invece con chi lo abita; dona l’alba a questo angolo di mondo tutte le mattine. Forse è per questo che gli jonici antichi, del resto come quelli attuali, sono conosciuti come fatalisti, e anche al fato si affida una disarmata speranza ed un impegno lento.
A volte ti confondi, eppure non si tratta di una famosa località delle isole Barbados, ma di luoghi meravigliosi della Calabria. I fondali custodiscono storie, imbarcazioni, corpi dimenticati dalla storia e dagli uomini.
Quattro anni prima il mio “amico” americano Beppe sul suo Monterey, con la sua ospitalità ricca, ci aveva “scorazzato” con gli sci d’acqua, la banana gonfiabile a traino, e gli spaghetti a bordo, su quel litorale; ci aveva accompagnato nel misterioso relitto.
Giovani e un pò coraggiosi, comunque forti di quella adrenalina di una giornata vissuta come “I‘mericani”, lo avevo visitato anche io. Il relitto era pieno di muschi e alghe, che erano riusciti a fargli perdere molta “inquietudine” e pericolosità, che avevano allontanato la immaginazione dei momenti della morte e dell’inabissamento.
Però dopo anni non avevo cancellato due cose dalla mia mente, la prima era la vita che continuava attorno e dentro il relitto con quelle belle cernie colorate di dimensioni giganti che se ci fosse stato il mio amico Emilio ne avrebbe fatto una strage per soddisfare la sua passione, il suo palato e la sua leadership del più grande pescatore subacqueo di Calabria; la seconda era il tema del nostro guardare verso la riva lambita dagli alberi e le sue dune selvagge quasi a coprire il campeggio internazionale , verso le montagne, verso il borgo di Badolato, bello, misterioso ma anche malandato e un pò vuoto che era in vendita.
Si Badolato si vendeva per intero, cosi aveva detto il Sindaco, che in più aveva accolto e ospitato i migranti del primo sbarco di Ararat. Parlavamo di dove avremmo cenato la sera ed io avevo scelto per tutti, compreso per Dario, il mio amico artigiano produttore della cosmetica di Milano, tanto alto quanto grande di cuore.
“giuseppe, lascio la carrozzina, non posso perdermi il ristorante curdo, scendo con le mani”. E allora giù per trenta gradini per vivere e mangiare l’altro mondo e poi risalire ancora con le mani. “Dario ci torniamo domani di nuovo”, e giu un sincero vaffa con pochissimo fiato.
La destinazione della cena era stata chiara. Salutare i nuovi cittadini, vivere il mondo, conoscere, saziarsi e dare forza all’ospitalità del borgo in vendita, che trovava una ragione per continuare ad essere ricco di persone, cittadini.
Davanti a noi oltre le spesse mura del "catoio" adibito a ristorante etnico la nostra parola dominante è: relitti.
Il relitto della Ararat, poggiato sull’arenile, che ci ha sbarcato i Curdi ed il relitto che ha inabissato i marinai nella seconda guerra mondiale.
Con questo termine si indica usualmente una nave affondata o arenatasi per diverse cause: dai combattimenti in mare agli incidenti. La Calabria ne possiede oltre 100, la gran parte non ancora localizzati.
Già in questo il relitto Ararat è un'altra storia. Tutta un'altra faccenda.
Tutte le province Calabre possono vantare almeno una nave o un sommergibile affondati nel corso della seconda Guerra Mondiale. La regione dei bronzi infatti è una zona strategica per i trasporti dall’Africa all’Italia, e nell’intero Mediterraneo, specialmente durante i combattimenti.
Da cosa dipendeva il loro grado di conservazione? Forse dal materiale di cui l’imbarcazione è fatta, dal danno subito al momento dell’affondamento, dai tentativi di recupero o di sgombero della zona, dalla profondità e dall’intensità delle correnti e infine dalla presenza di animali.
Nonostante tutto, i relitti calabresi sono in ottime condizioni. Almeno quelli in acciaio. La buona conservazione di questi relitti dipende infatti dallo spessore. In quello le parti che resistono maggiormente sono il cannone, il condensatore, le eliche e le cerniere. Di quelle in legno dell’antica Grecia si conservano le anfore, reperti protetti dalla sabbia che li ricopre e dopo millenni finanche i bronzi ritrovati.
Di Ararat c’è ancora tutto, è la sul bagnasciuga un po' più in là. Ararat non si è inabissata, ha portato a termine la sua missione. Ha sbarcato!
Il Codice della Navigazione (Titolo IV, Capo I) disciplina il ritrovamento e il recupero dei relitti. La scoperta deve essere denunciata entro tre giorni alle autorità portuali. Il recupero può essere effettuato da chiunque, previa autorizzazione del proprietario. I beni recuperati con valore artistico, storico o etnografico, se non reclamati dal proprietario, vengono acquisiti dallo Stato. È inoltre prevista una ricompensa e un rimborso spese per lo scopritore di relitti.
Mi chiedevo, conoscendo ancora il solo tema della mia meta, come era disciplinato dal codice l’arrivo dei Nuovi Cittadini.
“La provincia che “racchiude” più relitti, considerati veri e propri tesori, è proprio Reggio Calabria, in particolare la zona di Capo Spartivento, dove aerei, sommergibili e scafi giacciono sul fondale. Tra questi ci sono mezzi stranieri, soprattutto tedeschi colpiti dagli alleati durante la Seconda Guerra Mondiale e italiani, come Castore, una torpediniera della marina militare italiana. E’ stata affondata nel 1943 in un combattimento, mentre stava scortando un convoglio di navi da trasporto. Purtroppo ci raccontano che il relitto versa in cattive condizioni. Dopo la fine della guerra è stato smantellato da sommozzatori professionisti che hanno recuperato le caldaie aprendo lo scafo con candelotti di dinamite. Ancora oggi Castore è preda di saccheggi, alcuni sommozzatori infatti hanno la strana abitudine di portare a casa un souvenir dello scafo.”
I relitti sono tesori; i nuovi cittadini che sbarcano, perché hanno "diritto alla fuga", sono vita.
“Nelle acque di Capo Spartivento ci sono anche due aerei dal nome sconosciuto, il sommergibile Romolo che, progettato per trasportare oltre 600 tonnellate di materiale dal Medio Oriente, è vissuto solo tre giorni. Intercettato dai servizi segreti britannici, il sottomarino è stato colpito ed è scomparso con tutto l’equipaggio. Gli uomini non hanno fatto in tempo a scappare: l’esplosione è stata improvvisa. Remo, il sommergibile gemello di Romolo, non ha avuto maggiore fortuna. Varato nel 1943 è stato distrutto dopo qualche settimana nelle acque di Cirò Marina (Kr), unici superstiti quattro uomini, comandante compreso.
A largo di Melito Porto Salvo è affondata una nave da carico: Marzamemi. Era il 1941, durante un trasporto da Catania verso Crotone, e lo scafo viene colpito, con la nave gemella Colomba lo Faro, dal sommergibile britannico Triumph. E’ l’inizio della fine. Le imbarcazioni colano a picco, portando con sé tutti gli uomini dell’equipaggio. Il Colomba è in cattive condizioni. Anche questo relitto è stato preda di sommozzatori incaricati del recupero. Il Marzamemi invece, ci raccontano che è rimasto intatto. Forse la profondità o la lontananza dalla riva sono riuscite a “proteggere” il relitto. Lo scafo, integrato perfettamente con l’ambiente, è diventato una casa ospitale per numerose specie di pesci. Non lontano, nelle acque di Saline Joniche è stata affondata la nave da carico Laura Couselich, che trasportava rifornimenti per l’Esercito Italiano in Africa settentrionale. A largo di Palmi giace la Viminale, un’imbarcazione mista. Nata come lussuosa nave di linea per la tratta Trieste Yokohama, poi Genova Brisbane, durante la seconda guerra mondiale viene convertita in scafo da trasporto. Nel 1943 viene attaccata da un sommergibile inglese, danneggiata viene subito rimorchiata. Durante il viaggio verso Napoli viene colpita da una motosilurante statunitense. L’equipaggio fortunatamente viene tratto in salvo da pescatori locali.
I relitti nel crotonese sono pochi, alcuni non sono stati ancora localizzati. Al largo di Capo Rizzuto è affondata la Bengala. Nata come nave da trasporto a vapore, l’imbarcazione sprofonda nelle acque dello Jonio dopo aver cozzato contro la secca di Capo Rizzuto. Peccato che stesse trasportando casse di vino Porto invecchiato, che oggi giacciono sul fondale. Nel 1963 nella stessa zona cola a picco la Gunny. Ha trascinato con sé un carico di polifosfati.
Nel cosentino si trovano tracce di pochi relitti, chissà perché…. Mare profondo, mare largo, omertà umana?
Uno giace al largo dell’isola di Cirella. E’ un mezzo da sbarco della marina militare tedesca. Oggi “riposa” rovesciato su un fianco, dal quale è possibile vedere diversi oggetti: una vecchia auto militare, anfibi usati dai soldati tedeschi, brandelli di giubbe. È insomma un ottimo posto per effettuare esplorazioni. A Fiume Freddo Bruzio è invece affondata una nave cisterna: Trapez 4 (Henry Desprez). Nata come petroliera francese, la nave è stata varata nel 1932 a Copenhagen; requisita poi dai tedeschi, viene usata per la Kriegsmarine. Durante un combattimento viene colpita da tre siluri britannici, cola a picco nel giro di pochi minuti. L’esplorazione è difficile, per la profondità ( 52-75 m) e la torbidezza dell’acqua.
Nella provincia di Catanzaro le tracce dei relitti sono poche. La zona non è solo lontana dai luoghi di combattimenti, ma anche dalle rotte di traffico marittimo. A Guardavalle il sito è ancora da definire; nelle acque di Santa Caterina dello Ionio sono stati affondati un rinfusiera e una nave da carico. Badolato registra la presenza di due imbarcazioni: la Cosala e la San Raphael, una nave da carico spagnola silurata nel 1943.”
Questo il mio relitto visitato da esploratore subacqueo nella giornata ‘mericana.
Se questi relitti potessero parlare… magari narrerebbero la loro storia, o forse le vicende degli uomini che li hanno abitati e che ancora li abitano. I relitti, un tempo navi da guerra, sono testimonianza di tragedia e morte. Perché molti uomini sono rimasti intrappolati in vere e proprie “gabbie d’acciaio”. Molti sono rimasti uccisi durante l’esplosione, per la forza distruttiva che permane l’animo umano.
Forse un giorno non molto lontano diventeranno patrimonio dell’Unesco, perché sono beni storici per l’umanità. Perché sono la prova che qualcosa può, anzi deve cambiare.
E gli uomini che sono oltre il relitto, quelli che sono sbarcati, sono patrimonio della umanita? Sono il cambiamento verso un mondo migliore?
Questo mare ne ha viste di navi. Dalla Grecia hanno trasportato una intera civiltà sulle nostre coste già più di duemila anni fa, hanno trasportato merci e che tenacia ad attraversare il mare su piccole imbarcazioni in legno con le anfore e gli orci carichi di liquidi e granaglie. Decine, centinaia o migliaia non saprei, e neanche i Pitagorici dissoluti, viziosi, vegetariani, osservanti di un giorno di digiuno settimanale, pagani e matematici, convinti che il mondo fosse spiegabile a formule , coloni di Kroton le avrebbero potute contare. Molto probabilmente hanno trasportato anche i Bronzi ritrovati nel mare di Riace, anche se qualcuno sostiene e rivendica, senza esibire una base documentale, che potrebbero avere una fattura della "magna grecia" e non della Grecia, rivendicando le abilità dei Greci di Calabria e dei calabresi.
E’ una realtà che dal mare in questo angolo di mondo arriva gente, succedono cose, epocali.
Perché quello che è arrivato nella storia non è stato banale o occasionale. Le tracce evidenti degli insediamenti magno greci, degli ortodossi, delle colonie ebraiche e non solo, sono un continuo in tutta la costa jonica della Calabria con tanti punti di grande interesse archeologico." Tutta merito del Vento!
Manifesto di Calabria.(*)
La Calabria è un "punto di vita" del tutto unico, del Sud dello stivale e dell'intero mediterraneo.
E' la storia del "punto di vita" di una parte del mondo intero, che attualmente non è la protagonista dello sviluppo, ma è stata ed è tutt'ora una culla di cultura, ricchezza, di società e di scuole di pensiero come nei millenni e quindi ha un grande valore: produce una prospettiva diversa.
La Calabria come emerge fondamentalmente nel punto di vista dominante, è solo un ritardo dal Nord, quasi una malattia!
La Calabria invece è "tanto" Sud, è molte cose; è innegabile sia un lembo di terra dove albergano piaghe e problemi, però è anche, nonché sorprendentemente, una prospettiva diversa con unicità.
La considerazione della Calabria spesso ha due visioni dominanti: un paradiso turistico o un inferno mafioso. E sono due visioni che l'immaginario le tratta come candidamente complementari.
La vacanza si fa in Calabria perché offre buon clima, sole, mare, addirittura ossigeno del polmone d'Europa quale è la Sila e anche neve dove puoi sciare vedendo due mari sotto gli sci e tanto altro dalla storia alla cultura. Ma appunto in via complementare convive una idea di Calabria ferma, dominata da mali endemici.
Ecco, il pensiero della Calabria vissuta come “Terra Lenta” è l’idea che invece essa sia molto di più ed anche diversa da queste visioni estreme e conviventi.
Si! perché la Calabria ha una soggettività autonoma, protagonista, con una forte cultura identitaria che in questo mondo in cambiamento può avviarsi su una strada di modernità anche ricca di originalità nell'intero pianeta.
La Calabria è il cuore, la storia antica e vissuta, la portatrice di un’idea nel mondo della Terra Lenta, di multi culturalità, che è tutt'altro che sinonimo di arretratezza, come è tutt'altro che regressione culturale ancora.
La Terra Lenta è un "punto di vita" nel mondo ed un "punto di vista" sul mondo, una forma di vita contemporanea, ricca anche di archeologia di vita che però custodisce delle esperienze altrimenti destinate a scomparire nel mondo dell'ultimo secolo ispirato e impoverito dal "consumo ergo sum".
Alcune dimensioni valoriali, e di identità venute dall'esperienza sono possibili solo nella Terra Lenta, dalla carica umanitaria, alla ospitalità, alle abilità fino alle conoscenze.
La Calabria non ha bisogno di correre per colmare un qualche ritardo, perché "ritardo non è".
Allora ... che i Calabresi si uniscano in questo seme, cercando di essere migliori, di superarsi su quello che sono, di recuperare valori identitari ed il meglio della ricca ed unica storia, il meglio di ogni tradizione, perché storia e tradizione non appartengono al passato, ma sono delle grandissime risorse per il futuro.
Il Cambiamento è una grande opportunità per cultura, società ed economia; ha dei rischi e si affronta malissimo con la povertà di idee su come attraversare la porta del futuro.
Questo “attraversamento” dei sensi dei luoghi, la nostra ricchezza lo può vivere in modo originale. Ricchi di passato; questa è la determinante per la comprensione, l'intelligenza (la lettura della realtà) del presente e del futuro.
La Terra Lenta costruisce una ottima convinzione e principio alternativo riguardo alla concezione utilitaristica e capitalista del vivere con la quale cercano di abituarci a pensare che una società del profitto è la regola fondamentale e il resto è soltanto marginale, solo inutilità.
Il profitto come fine del comportamento umano e del funzionamento della società, come la misurazione dello sviluppo solo con l'indicatore del Prodotto Interno Lordo anziché del Capitale Sociale, la marginalizzazione di interi continenti, la determinazione di disuguaglianze; sono comportamenti che appartengono in realtà a dei Paesi sostanzialmente più deboli e marginali, in cui tutto diventa risorsa per sopravvivere; come per esempio l'ambiente, trasformato per questa ansia di sviluppo in una discarica.
La Calabria deve rendersi conto che ciò che la rende straordinariamente bella, come una “persona interessante e vera” è la sua natura, con l'ambiente al massimo splendore, cosi che deturpare la propria forma naturale e abdicarla alla cementificazione ed alle infrastrutture realizzate solo per gestire spesa e rimaste prive di funzionamenti, significa mutilare la propria identità, la propria storia.
L'Ambiente in realtà riguarda l’intero pianeta terra come questione, rendendo necessaria una politica ambientale che consenta lo sviluppo sostenibile.
La Calabria ha ancora un vantaggio così che, anche in questo spopolamento, è possibile garantire un futuro alle generazioni future.
Siamo protagonisti in Calabria "Terra Lenta", perché siamo l'antitesi di una cultura fondamentalista secondo la quale solo la mia cultura è quella giusta e che l'altro, in quanto diverso da me, sia il male e dunque deve diventare come me, quindi colmare un male identificato come un patologico ritardo.
La Terra Lenta lo sa da sempre, per il suo vissuto, che un punto di vista è soltanto una porzione del tutto: un Punto di Vita.
Se vogliamo poi darci, farci, diffondere una immagine solida della ricchezza della Terra Lenta, ricordiamoci del Patrimonio di Biodiversità che ha la Calabria.
L’Italia occupa lo 0,5% della superficie della Terra, e ci vive lo 0,83% dell’umanità; le condizioni bio climatiche sono uniche al mondo, permette alla penisola di essere la PRIMA nazione al mondo per biodiversità:
-7.000 differenti vegetali, segue il Brasile con 3.000; 58.000 specie di animali, segue la Cina con 20.000; 1.800 vitigni spontanei da uva, segue la Francia con 200; 997 tipi di mele, in tutto il mondo ne esistono 1.227; 140 tipi di grano, seguono gli USA con 6;
L’Italia possiede il 70% del patrimonio artistico e umano, il rimanente 30% è sparso in tutto il resto del pianeta, e la Calabria ne ha una parte significativa.
In pratica siamo in un giardino dell'Eden, ma pochi italiani lo apprezzano, e rispettano come tale.
La Calabria dispone oltre il 40% di tutto ciò. I Calabresi lo sanno e dobbiamo superare quell'idea malsana che il giardino degli altri è più verde, perché nel verde e nel blu ci siamo noi davvero, ci siamo tutti! insieme ai cittadini di tutto il mondo.
(*)giuseppe panarello - Blogger Riace Villaggio Globale
(*) Sono un cittadino del mondo, lavoro con impegno, secondo la mia formazione professionale di economista aziendale, coniugata al mio vissuto sociale e politico.
I miei quattro figli, Gaia, Adriana, Giovanni e Clarissa, assieme alla mia compagna Carla ed alla mia famiglia non si chiedono più perchè Papà va sempre a Riace! Sanno bene che è la mia passione civile.
Penso e vivo Socialista, schierato sempre a fianco dei più deboli, degli emarginati e di chi non ha voce perchè ognuno possa affermarsi come persona e nei propri diritti. Credo nella uguaglianza degli uomini, senza distinzione alcuna perchè ogni individuo ha un ruolo importante nella società tutta. Penso che sia possibile in questo mondo coniugare solidarietà e giustizia sociale, aprendo le braccia ai disperati del mondo che ancora, in questo millennio di valore illusorio, che soffrono di ingiustizie dei regimi che li sottomettono, degli egoismi del capitale e degli interessi di pochi, che negano i diritti alla vita ed alla liberta di ogni uomo.
Ho conosciuto Riace e Mimmo Lucano con sua moglie Pina Sgrò nel corso di un lavoro che mi portava a scoprire e sostenere programmi di sviluppo locale, utili ad avversare le regressive contraddizioni di uno sviluppo mancato, in Calabria (anno 2005). Ho affiancato Mimmo e gli amici di Riace quanto ho potuto sempre e solo con il cuore. Questo Blog non è un trattato di storia economica o di sociologia, neppure una altra ennesima teoria, ne una narrazione, voglio solo rappresentare dei fatti ed una esperienza vissuta che mi fa credere in un mondo migliore possibile. Voglio affermare che, oltre l'Accoglienza, Mimmo Lucano è stato un grande Sindaco che ha indicato un modo buono di impegnarsi nella amministrazione delle comunità e dei beni comuni, qualcuno la definisce best practies. Voglio chiedergli di impegnarsi ancora perchè della sua voce e del suo sentimento si sente il bisogno.
Mimmo ha bisogno di Riace a che Riace chieda il sentimento di Mimmo.
Lo condivido con tanti, cosi come condivido alcuni miei lavori fatti per Riace e tutto quello che questo nome significa, per sostenere la continuazione di una Nuova Rivoluzione. Grazie.
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